1.10.07

Capitolo cinque

Caracollando per il prato, la strega procedeva spedita verso il lato della montagna, attratta dalla fresca ombra degli alberi che oscillavano silenziosi al vento, sperando tra sé che ci fosse una qualche piccola caverna, con un morbido fondo muscoso su cui schiacciare un pisolino, dopo una mattinata spesa nella faticosa ricerca.
Il caldo di un sole oramai a picco, nell'ora del pranzo, faceva sudare copiosamente la donna, che si asciugava la fronte, scostando i flosci capelli sfibrati dalla pelle madida, mentre lo stomaco brontolava sonoramente; Zemora con una mano andò a palpare il fagotto che portava nel cesto, pregustando le fette di prosciutto, il grosso pezzo di formaggio ed il pane saporito che aveva accuratamente preparato prima di uscire di casa. Quello di cui aveva bisogno ora, era una buona polla d'acqua fresca, e Zemora sperava che nella caverna su cui stava fantasticando ci fosse anch'essa.
Camminava comunque con la testa abbassata, occhi puntati sulle ricche erbette del sottobosco, pronta a raccogliere le piante di cui aveva bisogno e ben decisa a fare un carico che le sarebbe bastato almeno per un mese di pozioni varie.
Fu in quel preciso momento, mentre il pensiero vagava da una parte e gli occhi da altre due, che un qualcosa le toccò la mente: fu qualcosa di delicato e rapido, ma deciso, qualcosa che la sondò ed in un attimo seppe cosa doveva fare e come farla.
Zemora, improvvisamente si drizzò in tutta la sua bassezza, e guardò fissa il fianco della montagna: li, di fronte a lei, anche se ancora invisibile, sapeva che c'era la caverna che tanto desiderava, ed il bisogno che aveva di quell'acqua fresca che sapeva zampillare là dentro era così forte da non dare tempo a nulla d'altro; doveva andare assolutamente e subito.
Con passo deciso riprese la sua marcia verso la caverna, senza più sostare a cogliere le erbe che le servivano, ma intimamente sorpresa della sua improvvisa sicurezza.
Come faceva a sapere con tanta precisione dove si trovava la caverna, se solo fino a poco prima era solo un pio desiderio quello di trovarne una? E poi: era così certo che ci fosse dentro una polla d'acqua? Perché era inutile andare tanto rapidamente verso quella direzione se non c'era l'acqua che voleva:in fondo l'ombra degli alberi lì vicino era così fresca ed invitante...
Come una sorta di autodifesa inconscia, l'innata pigrizia di Zemora stava quasi per vincere quella strana spinta che sentiva, ma la forza che guidava la mente della strega in quel momento si fece di nuovo ferrea, e le fece rialzare gli occhi spingendola adaccelerare il passo.
Ci vollero circa dieci minuti buoni per giungere di fronte a quella caverna, ma alla fine ecco lo squarcio nella parete della montagna di fronte a lei: l'antro era grande, e profondo, con molte aperture che permettevano il passaggio della luce e lo rendevano uno spazio niente affatto sgradevole; presentava anche un fondo muscoso alquanto invitante per la stanca schiena della donna, e sarebbe stato anche piacevole stendersi li, con il suo pane e il suo prosciutto a tenerle compagnia, se non fosse stato che a quel punto la sete le bruciava la gola riarsa, facendole lacrimare gli occhi.
Aveva come la sensazione di sentire l'odore dell'acqua più avanti, e si spinse, esitante sul pavimento cedevole dell'antro, guardandosi attorno, insicura: sapeva bene cosa si poteva incontrare sulla montagna, specie in caverne così ben areate e spaziose, e non aveva alcuna voglia di trovarsi faccia a faccia con una delle simpatiche razze autoctone...
Sul fondo della caverna si apriva una specie di corridoio naturale che procedeva nel cuore della montagna, non scendendo ma divenendo più scuro e quindi meno invitante dello spazio all'ingresso; ma la sete e l'impulso che provava stavano divenendo veramente irresistibili, quindi uno dopo l'altro spinse i suoi piedi restii all'interno del lungo tunnel buio, apparententemente infinito.
Una decina di passi ed ecco invece la fine: una curva che conduceva in un altro ambiente grande, in cui una bellissima polla d'acqua gorgogliava felice, mentre due enormi troll sembravano presi nelle simpatiche effusioni tipiche dei troll - come gentili sberle, e dolci cazzottoni -.
Improvvisa come se n'era andata, la prudenza della donna tornò precipitosamente nella sua testa urlandole con quanto fiato in gola aveva che uno dei piatti preferiti dei troll di montagna era la strega al sangue.
Un balzo laterale le bastò per trovare riparo dietro una enorme roccia, che però non era più sulla via di fuga.
I due bestioni intanto parlavano tra di loro e sembravano gesticolare di qualcosa che era nascosto nell'enorme pugno del troll maschio, che si distingueva dal troll femmina per la mancanza di seno, o almeno così sembrava, perché per il resto erano ambedue brutti come troll.
Se in quel momento Zemora si fosse voltata e fosse fuggita per il corridoio, sfruttando la disattenzione dei due, nulla sarebbe successo; se i due l'avessero notata e catturata ci sarebbe stata una strega in meno e due troll satolli in più e null'altro sarebbe successo.
Però la curiosità ebbe la meglio. Zemora si sporse dal macigno, il troll aprì leggermente il pugno mostrando cosa conteneva e l'incantesimo poté essere lanciato: improvvisamente il libro che fino a quel momento aveva sudato come un mulo per condurre la svanita mente della strega attraverso la campagna e la caverna usò tutto il suo indiscutibile fascino, e come d'incanto la polvere cadde, le pietre brillarono, le pagine frusciarono invitanti e la pelle si fece morbida e setosa, mentre i colori risultarono più colorati del solito.
Lui vide lei, lei vide lui e tutto ebbe inizio: il libro doveva essere suo...

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