16.7.07

capitolo due

Non esiste nessun oggetto che di per sé sia buono o cattivo: sono le persone che lo usano che possono renderlo tale; o gli incantesimi che uno ci fa sopra o ci mette dentro, è chiaro.

Nel nostro caso, tra sopra e dentro, non era certo scarso il banale libro in pelle rossa che giaceva dietro una pietra in una banale caverna in un banale pomeriggio di primavera.

Tutto tranquillo e tutto normale, se non fosse stato…

Camminava per i prati con la testa abbassata quasi all’altezza delle ginocchia, e non era poi questo grande sforzo, visto che le sue ginocchia distavano abbastanza poco dalle sue spalle. La folta ed ispida capigliatura le scendeva sulla faccia arrivando a sfiorare quasi il suolo in cui si confondeva con il suo colore che andava dal marrone fango al verde erba secca.

Il corpo tozzo avanzava caracollando sul prato ed ogni tanto un occhio spuntava dal folto della capigliatura, sciabolava il prato, spaventava gli animaletti del bosco e si rintanava di nuovo sotto la cascata di capelli.

Una voce stridula e lamentosa accompagnava questo avanzare, come un cantilenare costante ed incessante:“Non è possibile. Alla mia età eccomi qua, sola, senza un'assistente. Eppure ne ho fatto richiesta più di una volta. In fondo, a me, che manca? Ho una capanna tutta mia: certo non è una reggia, ma si tratta di imparare mica di andare a passare le vacanze in locanda... Certo non ho la fonte nella capanna, ma è tutta colpa di quell’imbroglione di Settimus, che mi ha venduto la pergamena sbagliata: che ne sapevo che si sarebbe aperto un camino vulcanico invece di una fonte con quell’evocazione del cappio? E poi, se ci vado IO a prendere l’acqua con il secchio fino alla fonte, ci può andare anche un'assistente. In fondo non l’ho fatto anche io ai miei tempi? È solo invidia la loro, ce l’hanno con me ancora per quella storia del passaggio delle consegne; ma io non c’entravo niente, e QUELLE ancora non ci credono…”

Le lamentazioni proseguivano incessanti passando di motivo in motivo, evocando eventi appartenenti a periodi più o meno distanti nel tempo, come se fossero tutti simultanei, e tutti la causa della sua sciagurata solitudine.

Mentre avanzava, piccole e grassocce mani adunche scendevano ratte verso il pavimento e ghermivano questo o quello stelo di pianta che non era stata abbastanza veloce da sradicarsi e fuggire verso il più vicino cespuglio, infilandola quindi nella cesta che si portava dietro.

Quando alla fine si fermò e si raddrizzò in tutta la sua bassezza, la strana figura si rivelò per essere… beh... diciamo, sicuramente un rappresentante del sesso femminile, viste le prorompenti qualità che ne appesantivano la parte anteriore e che poggiavano sulla abbondante parte addominale. Si poteva quasi arrischiare la qualifica di umanoide, visto che era dotata di due braccia e due gambe, con mani e piedi al loro posto, senza code né corna od altro, ma la pelle aveva una gradazione di marrone terra che dava da pensare, mentre le fattezze del viso rendevano alquanto incerta la cosa. Occhi, due, sì, ma pareva che avessero litigato di fresco, e non volessero andare d’accordo per nessuna ragione, tanto che avevano deciso di fare ognuno gioco a sé; il naso sembrava essere stato appoggiato lì per caso, un naso grosso, quasi imponente, serio, completamente fuori luogo in quel viso.

La bocca, poi, era enorme, con i denti, quasi tutti, lanciati a casaccio, ma forti e apparentemente ben tenuti.

Posando le mani selle reni, la "donna" si stirò in tutta la sua (scarsa) altezza, e si guardò attorno, stanca della salita; ma non c'era nessun ruscello allegro, nessun albero frondoso che invitasse alla sua ombra per riposare: sembrava ci fosse stato un fuggi fuggi generale. Poi, aguzzando la vista, vide una caverna che si apriva sul fianco della montagna e fece un ghigno soddisfatto “bene, bene, sembra che ci sia un posticino in fondo in cui fermarsi a fare uno spuntino ed un pisolino. Beh, almeno quello, in una giornata così calda... Certo, se avessi avuto un'assistente, avrei potuto mandare lei a fare questa faticaccia per venire fin quassù a raccogliere le piante; ma che ci si può fare... Io non sono ancora qualificata… come se non fossero anni…”

Le lamentazioni ricominciarono, anche se il passo si fece ben più spedito mentre si avvicinava alla caverna.

La nostra, che a questo punto è giusto rivelare essere una Strega a nome Zemora, era in verità ancora abbastanza giovane per essere una Strega, ma aveva avuto nella sua vita alcuni eventi che ne avevano peggiorato il carattere, cosa alquanto difficile visto che già di suo non è che fosse proprio bellissimo.

E in quella splendida giornata estiva, Zemora si sentiva combattiva e in lotta col mondo, esattamente come al solito...

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